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I dilemmi della Cina sull’Afghanistan
Come molti dei vicini dell’Afghanistan, la Cina ha adottato un approccio pragmatico nelle relazioni con i Talebani. Riconoscendo che sono la nuova forza a Kabul e che per il momento sembrano capaci di rimanere al potere, Pechino ha stabilito contatti diretti per agire in un Paese con il quale condivide una frontiera diretta. La Cina ha una lunga storia di contatti con i Talebani sulla quale può contare. Ma la Cina oggi è una potenza globale e questa realtà cambia la lente con cui gli altri poteri regionali guardano la Cina, e cambia le dinamiche regionali. Da un potere che poteva nascondersi fra altri, la Cina adesso è un Paese chiave per il futuro del Afghanistan.
I contatti fra la Cina e i Talebani risalgono a prima dell’11 settembre 2001, tramite il Pakistan. Lo scopo era gestire i rischi che potevano emergere dai gruppi di militanti uiguri che operavano in Afghanistan. Pechino voleva influenzare i Talebani anche in altri modi, incoraggiando le sue aziende telefoniche (Huawei e ZTE in particolare) a contribuire alle infrastrutture. In aggiunta, le aziende estrattive cinesi avevano avviato discussioni con il governo talebano. Pechino aveva provato a persuadere il governo a non distruggere le famose statue di Buddha di Bamiyan, una spinta diplomatica che non ha avuto successo e che però dimostra la capacità di avanzare richieste difficili.
L’invasione statunitense dopo l’11 settembre ha trasformato la relazione. Pechino si è rapidamente volta in direzione di Washington, dopo aver ricevuto l’assicurazione dagli Stati Uniti che avrebbero appoggiato la lotta cinese contro i militanti uiguri del Movimento Islamico dell’Est Turkestan (ETIM), mettendoli sulla lista dei gruppi terroristici. Negli anni successivi la relazione fra i Talebani e i cinesi si è congelata. Solo dopo il 2007, quando sono aumentati i problemi in Pakistan e la situazione in Afghanistan è cominciata a peggiorare, hanno provato a riaprire il canale.
Il ristabilimento di contatti è avvenuto tramite il Pakistan, ma con il passare del tempo la Cina ha preferito contatti diretti, divenuti poi di dominio pubblico. La Cina ha offerto ospitalità, incontri regolari e la creazione di un nuovo consesso che facesse incontrare gli Stati Uniti, la Cina, il Pakistan, il governo afghano e i Talebani. Questo consesso non è servito a molto, ma ha dimostrato i contatti della Cina, sempre più pubblici fino a quando gli americani hanno segnalato il ritiro finale firmando l’accordo con i Talebani nel febbraio 2020 a Doha.
Per la Cina, il più alto incontro diplomatico è stato quello tra il ministro degli Esteri Wang Yi e Mullah Baradar a Tianjin nel tardo luglio 2021. Poche settimane dopo, i Talebani hanno preso il potere a Kabul. Poco prima dell’incontro a Tianjin, il Presidente Xi aveva parlato con il presidente Ashraf Ghani, al quale aveva dichiarato che Pechino non era sicura di chi avrebbe vinto a Kabul. Se con il nuovo governo talebano i cinesi all’inizio hanno continuato a usare il canale pachistano, adesso possono contare su forti contatti diretti. Il dilemma per la Cina è però quanto sia affidabile questo governo.
La Cina ha tre grandi preoccupazioni. La prima è che l’Afghanistan diventi un rifugio dal quale gruppi di uiguri possano complottare e creare problemi nel Xinjiang. La seconda è che l’instabilità afghana possa essere esportata nella regione. L’Asia Centrale e il Pakistan sono legati alla Cina e se la regione brucia ne soffre anche Pechino. La terza è che il Paese possa diventare un luogo in cui potenze come gli Stati Uniti o l’India creano problemi per la Cina (non a caso crescono le voci cinesi secondi cui gli statunitensi starebbero aiutando i gruppi uiguri).
Per risolvere tutti questi problemi, è necessario avere un governo stabile a Kabul, capace di mantenere la sicurezza. Pechino, come la maggior parte dei governi regionali, vorrebbe che i Talebani creassero un governo d’unità, che comprendesse tutte le varie fazioni afghane. Ma nell’assenza d’unità, vorrebberro che i Talebani dimostrassero almeno potenza, dipendenza e controllo del territorio. Ed è questa la preoccupazione principale che al momento ha la Cina – il fatto che non sia chiaro quanto unito sia il governo dei Talebani o se siano capaci di controllare il territorio. Il modo in cui le fazioni Haqqani hanno preso il controllo marginalizzando Mullah Baradar è una lente sui problemi interni.
I Talebani hanno parlato regolarmente del fatto che non daranno appoggio a gruppi anti-cinesi e non commenteranno le vicende del Xinjiang. Inoltre ci sono rapporti dal nord del Paese secondo cui starebbero trasferendo gruppi uiguri che erano lì. Tutto ciò è però complicato dalla rivendicazione dello Stato Islamico in Afghanistan (ISKP): il massacro a Kunduz di pochi giorni fa sarebbe stato commesso da uno uiguro, anche contro i Talebani, per il loro appoggio ai cinesi. Un rischio contro il quale Pechino deve trovare protezione.
La risposta cinese sarà, come sempre, di provare a trovare qualcuno nel Paese che possa risolvere il problema. In questo caso, i Talebani. Ma al momento la Cina ha raggiunto il limite del suo sostegno ai Talebani. Probabilmente sarebbe disposta a riconoscerne ufficialmente il governo, ma senza essere la prima o l’unica a farlo. I funzionari cinesi dietro le quinte stanno provando a capire chi altro nella regione sarebbe disposto e sperano che i russi decidano di farlo per primi.
Non sarà facile. La decisione di creare un governo unitario talebano ha irritato i russi che speravano in qualcosa di diverso. Per Mosca, l’Afghanistan è una fonte di vari potenziali problemi, a casa propria e nelle sue zone limitrofe, in Asia Centrale o nel Caucaso. La Russia continua a considerare il gruppo talebano ufficialmente terroristico, anche se mantiene contatti (e pianifica di ospitarli a Mosca fra poco). Questo doppio atteggiamento riflette le preoccupazioni del presidente Putin e non cambierà velocemente.
Tutto questo lascia Pechino in una situazione complicata. Da un lato, vorrebbe riconoscere il governo talebano, dargli appoggio ufficiale, chiedere risposte sulle proprie preoccupazioni. Ma al momento non è sicura che i Talebani siano nella posizione di offrire rassicurazioni. A causa della geografia, Pechino è comunque costretta a continuare a lavorare con loro.
Ma la Cina non è la potenza che era l’ultima volta che i Talebani erano a Kabul. Adesso è la seconda economia del mondo ed è la potenza più grande, ricca e influente vicina all’Afghanistan. Qualunque sua decisione cambierà la dinamica regionale. Una situazione difficile per i leader a Zhongnanhai che faticano a capire come usare queste leve per ottenere i propri obiettivi. Una realtà ancor più complicata dal fatto che da sempre le grandi menti strategiche cinesi ritengono che l’Afghanistan sia un cimitero imperiale. Ma Pechino si è messa in una situazione tale per cui, per evitare che il prossimo Impero a cadere nella trappola sia quello cinese, deve fare affidamento proprio sui Talebani.